La domanda seconda
15 marzo 2005
La riflessione a bassa voce che ha ispirato il blog
Io non so. Io non so in quale istante le cellule embrionali diventino persona, da quale attimo lo Spirito aliti il soffio della vita nel processo (non irreversibile) che conduce alla formazione di un feto. Non lo afferma la Chiesa, per me cattolico. Non lo afferma la scienza per un’area laica vasta e preoccupata delle implicazioni di scelte che sfuggono al nostro controllo ed alla nostra volontà.
Da cattolico sarei portato a dare fiducia alla scienza. Meno alla tecnica. Ed è precisamente in questo punto che la scelta diventa personale ma anche, per molti aspetti, sottratta alla volontà anche referendaria, che rimette in gioco una legge pessima che scontenta tutti: laici e cattolici. La legge 40 del 2004 è ideologica, antiscientifica e gioca su un piano di bassa cucina elettorale un tema che avrebbe bisogno di approfondimento e rispetto, da parte di tutti: da chi vi si identifica come da chi vi si oppone, o da chi ne ha un’opinione articolata, in chiaroscuro. È la risposta sbagliata a domande fondamentali che però la legge non incrocia né è in grado di dispiegare :
- perché è legge nazionale e la sfida della ricerca sulle cellule staminali embrionali si sta già giocando altrove nel mondo: Gran Bretagna, Israele, Spagna (a seguito di una disciplina approvata dal conservatore cattolico José María Aznar), Cina e Stati Uniti tra gli altri (gli Stati Uniti del repubblicano metodista Gorge W. Bush non del democratico Bill Clinton). In sede ONU la partita per la limitazione della ricerca sulla clonazione umana, anche solo a scopi terapeutici, segna il passo ed anche se fosse coronata da successo nel testo più restrittivo appoggiato dal Vaticano non potrebbe di fatto vincolare uno stato nazione come il Regno Unito di Tony Blair od uno stato continente come la Cina o gli Stati Uniti.
- ed ancor più perché l’etica è oggi fondata non dall’opinione autorevole di maggioranze avvertite, ma dal convitato di pietra di ogni scelta: il mercato. È qui che si situa lo snodo più inestricabile: la tecnica non è altro che un’estensione del mercato. La scienza, la ricerca scientifica, beninteso da non banalizzare né tantomeno demonizzare, non vivono di luce propria ma di un meccanismo molto articolato, complesso, alimentato da regole intangibili sottratte persino ai suoi più importanti player: aziende multinazionali, stati, governi, organismi sovranazionali. Regole che in una parola chiamiamo globalizzazione.
Lo scontro è impari e la stessa fibra spirituale, autorevolissima, di un papa con le stimmate della profezia com’è Giovanni Paolo II ha, paradossalmente, lo stesso peso della mia: non ha effetti sul sistema. Conserva uno straordinario valore morale per cattolici e laici, indipendentemente dal merito delle questioni che pone sul tappeto, ma nell’immediato non modifica il corso degli eventi.
Personalmente ritengo in ritardo ed in anticipo, ad un tempo, il tema della utilizzabilità di cellule staminali embrionali a fini di ricerca terapeutica.
- È in ritardo in quanto è dal 1980 che negli Stati Uniti si è accettato lo schema secondo il quale un organismo vivente è brevettabile. La soglia è stata già oltrepassata da 25 anni, nel silenzio degli studi (il)legali che ne hanno decretato l’avanzamento. Che si tratti di pianta, animale o cellula staminale embrionale, sul piano del diritto dei detentori di brevetto poco importa: la strada è aperta. Si può solo (e si deve) tornare indietro, cancellando l’incesto giuridico che privatizza i codici della vita umana, animale e vegetale.
- È in anticipo perché, è solo questione di mesi, la ricerca che si svolge altrove supererà il problema etico dell’intangibilità della vita/persona nell’utilizzazione di cellule staminali embrionali. E lo farà avanzando nella conoscenza dei meccanismi primordiali della vita su quelli che chiameremmo, con espressione nazionalpopolare, embrioni sovranumerari.
Ma superato il confronto sull’embrione tornerà il tema dell’utilizzazione tecnologica dei brevetti industriali che dai molti filoni di ricerca aperti potrà investire il concetto di persona e quello di eugenetica. Siamo pronti a dialogare su questo fronte? Possiamo contrastare una macchina così munificamente sostenuta, anche da risultati presumibilmente straordinari e dal connesso rischio di scivolare nella tentazione, irresistibile, di preordinare i caratteri genetici dei nascituri?
Apparentemente il tema ha carattere scientifico, nella versione migliore quello della prevenzione genetica all’insorgenza di anomalie, difetti e malattie. Nella sostanza lo scontro avrà caratteri essenzialmente economici: coi detentori di brevetto che avranno gioco facile nel dimostrare che le soluzioni proposte, tutte le soluzioni proposte, non scalfiscono il principio di responsabilità che dovrebbe presiedere scelte che impegnano il futuro così pesantemente. Normalmente questo principio, oggi, non è applicato! Vale il learning by doing, l’apprendere dall’esperienza.
Con Gregory Bateson1 possiamo convenire che “non abbiamo ancora una risposta nuova ai vecchi problemi”. Ed ancora che “Di tutti gli organismi immaginari (draghi, protomolluschi, anelli mancanti, dèi, demoni, mostri marini e così via) il più ottuso è l'uomo economico. È ottuso perché i suoi processi mentali sono tutti quantitativi e le sue preferenze sono transitive. Il modo migliore per comprenderne l'evoluzione è (pertanto) di considerare i problemi di comunicazione che nascono nel contatto fra le (diverse) culture umane.”
Si confrontano infatti visioni etiche che hanno conseguente pratiche profonde. Il mercato come dogma massimo rappresenta l’unico selettore di investimento ed è la lavatrice di ogni scrupolo etico. In quanto dogma nessuno è in grado di arrestare la macchina, che prosegue la sua corsa senza ostacoli : alimentato dalle spinte appetitive, suo fine esclusivo è l’accumulazione di profitto sempre più rapido, possibilmente a breve termine, incurante delle implicazioni sull’uomo e sull’ ambiente. Semplicemente non distingue tra bene e male, è indifferente al principio di precauzione, tantomeno a quello di responsabilità: non gli compete, ci viene ripetuto, perché questo discrimine spetta alla politica. Ma se si facesse una domanda in tal senso al persecutore planetario del male, Gorge W. Bush, egli si guarderebbe bene dal porre questo tema al centro della propria azione politica: non potrebbe smentire i suoi grandi elettori né il sistema che lo ha condotto a bissare, legalmente o illegalmente poco importa, la presidenza USA. Suo malgrado: anche se pensasse (e non lo pensa) che rimetterne in discussione i presupposti etici sia l’unica cosa giusta da fare!
Ecco perché la domanda è seconda:
I. È giusto che la scienza proceda ragionevolmente libera da vincoli? Da cattolico, non smentito dalla Chiesa, personalmente credo lo sia: la posizione attuale di papa Giovanni Paolo II, ispirata dalla prudenza, essenziale alla responsabilità del mandato universale ricevuto ed esercitato, potrebbe essere rovesciata da un suo successore, prossimo o futuro. Se la ricerca procederà nel senso auspicato verosimilmente lo sarà: ed anche in apparente opposizione, posso sostenere questa tesi proprio in virtù del magistero di Karol Wojtyla, della sua profonda umiltà di fronte al mistero della vita, della difesa ultima della dignità della persona umana, della sua fede in un Dio non imprigionato dall’apparato clericale. Nella realtà la Chiesa non è la caricatura gerarchica priva di dialogo che descrive chi non la conosce, la combatte o la ridicolizza. È certamente meno dogmatica della scuola monetarista di Chicago o di molti sacerdoti del mercato ai vertici di Fondo Monetario Internazionale, Banca mondiale o WTO.
II. È giusto per il mercato imporre l’etica? Non lo è ma, ad oggi, non abbiamo gli strumenti e la coscienza per opporci. Prima la coscienza, poi gli strumenti che la coscienza determina, ancora nel silenzio degli studi legali e nel confronto aperto delle assemblee legislative.
Questo mi riporta alla nozione di responsabilità : « È una parola che di solito non uso [sostiene Bateson], ma qui la voglio usare con tutto il suo peso. Come si deve interpretare la responsabilità di coloro che si occupano dei sistemi viventi, della vasta ed eterogenea folla di entusiasti e di cinici, di generosi e di avidi? Tutti costoro, individualmente o collettivamente hanno la responsabilità di un sogno, che è poi il modo di porsi di fronte alla domanda: «Che cos'è un uomo, che può conoscere i sistemi viventi e agire su di essi, e che cosa sono questi sistemi, che possono essere conosciuti?». Le risposte a questo duplice enigma devono essere costruite intrecciando insieme la matematica, la storia naturale, l'estetica e anche la gioia di vivere e di amare: tutte contribuiscono a dar forma a quel sogno.
Ho ricordato prima che fa parte della natura umana apprendere non solo dettagli ma anche profonde filosofie inconsce, diventare ciò che fingiamo di essere, assumere la forma e il carattere che la nostra cultura ci impone. I miti in cui la nostra vita è immersa acquistano credibilità via via che diventano parte di noi, indiscutibili, profondamente immersi nel carattere, spesso a livello non consapevole, sicché sono essenzialmente religiosi, sono oggetto di fede.
È verso questi miti, e verso le forme che potranno prendere in futuro, che sono responsabili tutti i nostri costruttori di miti, dai poeti agli scienziati, ai politici e agli insegnanti.
I medici e gli avvocati e i media sono tutti responsabili dei miti dinamici, delle risposte che essi danno all'enigma della Sfinge.
A questo punto voglio concludere con la risposta del Salmista alla sua versione dell'enigma:
“ Che cos'è l'uomo, che Tu te ne curi?... Perché Tu l'hai fatto un po' inferiore agli angeli e l'hai coronato di onore e di gloria “ [ Salmo 8, Gloria di Dio e dignità dell' uomo ] ».
Fin qui Gregory Bateson.
Parafrasando Günther Anders la mia impressione è questa: l’ Uomo è antiquato, ma la Terra è giovane.
La ragione consiglierebbe pessimismo, l’esperienza viva può e deve diffondere la speranza. La volontà dà forma alla speranza e la battaglia sulla preservazione dell’identità irripetibile della natura umana si giocherà su quegli strumenti che, ostacolando l’affermarsi delle spinte appetitive, della cupidigia, della viltà del profitto chiuso nel suo castello kafkiano, sapranno ricondurre la creatività umana a parametri di controllo universali e condivisi. Qualcuno li chiama ethos mondiale2, altri connected intelligence o creative commons, vale a dire sapere accessibile nella logica della comunità aperta, altri ancora deliberative polling o democrazia informata nell’epoca della postdemocrazia.
Una cosa sola è certa: non sarà la mano visibile del mercato a porre i necessari argini al ripiegarsi dell’ uomo nella stolida illusione dell’autosufficienza, risucchiato dalla logica narrata nella metafora biblica della torre di Babele [Genesi 11].
La domanda terza è, dunque, la seguente:
come porre al primo posto dell’agenda umana l’urgenza di questo codice universale?
Prequel, 28.02.2005
1 Testi tratti da Gregory e Mary Catherine Bateson, Innocenza ed esperienza, affrontati dall'associazione Ditaubi il 23 gennaio 2005.
2 Secondo la definizione di Leonardo Boff, in Ethos mondiale, EGA 2000 ISBN 88-7670-394-2, € 11,36 : “Per ethos intendiamo l’insieme delle aspirazioni, dei valori e dei principi, che orienteranno le relazioni umane nei confronti della natura, della società, delle alterità, di se stessi e del senso trascendente dell’esistenza, Dio.“
| inviato da il 15/3/2005 alle 22:58 | |
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